parte II
premessa:
questo post è un po' "anticonformista", prima di leggerlo è indispensabile che andiate a leggerne un altro.
qui
Nel blog del mio amico Pinco.
Lui si è voluto divertire a raccontare l'inizio di una storia, e io qui provo a proseguirla ...
Un oggetto che gli era familiare.
Un astuccio nero col fermaglio a sgancio rapido che imbrigliava l'elsa di un pugnale da sub. Una specie di sicura, rapida da inserire, rapidissima da togliere. Un pugnale piccolo ma efficace, lama dritta su un lato, seghettata sull'altro.
Anche lui ne aveva uno da lunghissimo tempo, anzi, ne aveva avuti due.
Il primo non c'era stato verso di ritrovarlo, probabilmente era ancora nascosto tra rocce e anemoni fluttuanti, a destare la pigra curiosità dei polpi di passaggio.
Fortunatamente sia il primo che il secondo, che ancora custodiva, non gli erano mai stati seriamente necessari.
Un pugnale da sub non si porta per combattere gli squali, meglio neanche pensarci a questa evenienza, serve solo a potersi liberare dalle insidie di una cima imprevista o di una rete a strascico.
Non aveva mai avuto bisogno di usare quella lama, se non per squarciare qualche malcapitato riccio e farne poi banchetto per richiamare prede più grandi davanti all'obbiettivo della sua Nikonos.
Mentre focalizzava l'oggetto la sorpresa aveva lasciato spazio all'attenzione, e quasi senza accorgersene aveva puntato bene le suole sul terreno bagnato, i piedi appena allargati, con le punte in fuori, e col sinistro poco più indietro dell'altro.
Aveva lasciato cadere l'improvvisato riparo per la pioggia e ora i pollici erano contratti nel palmo delle mani, entro le dita strette a pugno.
Le braccia, fintamente rilassate lungo il corpo, leggermente estroflesse verso l'esterno.
"Stai pensando che sono pazzo, vero?"
Sentendosi ripetere la domanda non potè fare a meno di rispondergli.
"Io non meno di te, amico. Che fai?"
Nulla, era come se gli occhi dei due li tenessero lì sotto la pioggia, controllati a vicenda dietro la barriera che c'era ancora tra loro: ottanta centimetri di aria umida spazzata dal vento.
Una scena da film, si sorprese a pensare nei dieci lunghissimi secondi che impiegò a riconoscere quegli occhi.
Non c'erano dubbi, quegli occhi, erano i suoi.
(continua)
premessa:
questo post è un po' "anticonformista", prima di leggerlo è indispensabile che andiate a leggerne un altro.
qui
Nel blog del mio amico Pinco.
Lui si è voluto divertire a raccontare l'inizio di una storia, e io qui provo a proseguirla ...
Un oggetto che gli era familiare.
Un astuccio nero col fermaglio a sgancio rapido che imbrigliava l'elsa di un pugnale da sub. Una specie di sicura, rapida da inserire, rapidissima da togliere. Un pugnale piccolo ma efficace, lama dritta su un lato, seghettata sull'altro.
Anche lui ne aveva uno da lunghissimo tempo, anzi, ne aveva avuti due.
Il primo non c'era stato verso di ritrovarlo, probabilmente era ancora nascosto tra rocce e anemoni fluttuanti, a destare la pigra curiosità dei polpi di passaggio.
Fortunatamente sia il primo che il secondo, che ancora custodiva, non gli erano mai stati seriamente necessari.
Un pugnale da sub non si porta per combattere gli squali, meglio neanche pensarci a questa evenienza, serve solo a potersi liberare dalle insidie di una cima imprevista o di una rete a strascico.
Non aveva mai avuto bisogno di usare quella lama, se non per squarciare qualche malcapitato riccio e farne poi banchetto per richiamare prede più grandi davanti all'obbiettivo della sua Nikonos.
Mentre focalizzava l'oggetto la sorpresa aveva lasciato spazio all'attenzione, e quasi senza accorgersene aveva puntato bene le suole sul terreno bagnato, i piedi appena allargati, con le punte in fuori, e col sinistro poco più indietro dell'altro.
Aveva lasciato cadere l'improvvisato riparo per la pioggia e ora i pollici erano contratti nel palmo delle mani, entro le dita strette a pugno.
Le braccia, fintamente rilassate lungo il corpo, leggermente estroflesse verso l'esterno.
Allarme giallo, stato di attenzione.
Quel tipo non gli piaceva affatto e il tono con cui lo aveva apostrofato non era per nulla rassicurante.
Quel tipo non gli piaceva affatto e il tono con cui lo aveva apostrofato non era per nulla rassicurante.
"Stai pensando che sono pazzo, vero?"
Sentendosi ripetere la domanda non potè fare a meno di rispondergli.
"Io non meno di te, amico. Che fai?"
Nulla, era come se gli occhi dei due li tenessero lì sotto la pioggia, controllati a vicenda dietro la barriera che c'era ancora tra loro: ottanta centimetri di aria umida spazzata dal vento.
Una scena da film, si sorprese a pensare nei dieci lunghissimi secondi che impiegò a riconoscere quegli occhi.
Non c'erano dubbi, quegli occhi, erano i suoi.
(continua)
L'oggetto invece era esattamente lo stesso che avevo in mente io ...e la foto è impressionante...come hai fatto a trovarla ? L'hai presa dalla mia testa :-)? ...a questo punto sarebbe simpatico che la cosa continuasse a svilupparsi così...sul tuo Blog se intendi aggiungere qualcosa o su altri se vuoi passare il testimone...
... dai...se funziona alla fine lo pubblichiamo tutti insieme...
CiauZ ;)
come vedi, volevo mettere anche le figure ed ero in empasse sul mio blog, giorni un po' sfasati questi, ho postato un possibile seguito sul mio blog qui,
in ogni caso credo che gli darò un seguito, ossia te lo rubo :P, troppo bello come idea
ed anche la song di bennato... splendida