E su quell'erba altroché se è cresciuto, al punto che ha depositato il suo nome come marchio (lo dice il Corriere di oggi), e ha fatto causa a Mogol per averlo usato in una canzone.
Quindi preferisco chiamarlo "Colui il quale il nome non si può dire", a metà tra le leggende fantasy-esoteriche e il grande capo Apachi.
A proposito, siccome da piccolo ci giocavo anche io agli indiani, nei dintorni della via Gluck, vi posso assicurare che fin dal principio il nostro semidio ha giocato sulle bufale, e non quelle del Far West.
Sarà anche stata una licenza poetica, ma la famosa Via Gluck di erba non ne ha mai avuto un granché. Era una via degradata, e neppure in periferia, ma a due passi dalla Stazione Centrale.
Un pezzo di terra per niente ecologicamente puro, ma in attesa di pulizia e della ricostruzione del dopoguerra.
E anche adesso, col suo cemento, non è che sia un fulgore.
Ma è sempre meglio di prima.
Con buona pace delle licenze poetiche dei semidei.
Commenti : 4
- Francesca ha scritto il 12/4/09 12:08 PM
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ciao Jo ti auguro una buonissima Pasqua, non sono riuscita più a trovarti online su messenger. Un bacione