Come ha chiamato Berlusconi certa stampa? Farabutti?
Troppo gentile, da come Repubblica ha provveduto subito a titolare sulla consegna delle famose "villette", che naturalmente l'articolista "dimentica" di ricordare, rappresentano l'inizio delle migliaia di alloggi in consegna da qui alla fine dell'anno.
Si dimentica, il mariuolo, che la scelta tipologica adottata, transitoria sul medio periodo, è stata giudicata la più indicata su un paese, Onna, raso al suolo, e su cui la ricostruzione in loco avrà quindi una tempistica più spedita di quella del centro storico de L'Aquila, da ricucire pezzo per pezzo.
Se ne dimentica e pazienza, ognuno arriva alle considerazioni che può, oggettivamente in base alle sue competenze, e un giornalista non è né progettista né pianificatore del territorio.
Però, proprio perchè giornalista, allora non mi va molto bene che peschi quattro notizie da wikipedia, copiaincollando qua e là, ci attacchi una testimonianza di comodo, e arrivi al solito teorema farlocco con tanto di frittata girata.
Da La Repubblica :
"Eppure al mio paese le prime case in legno arrivarono già a febbraio, una ventina di alloggi con tutti i servizi - ricorda il sindaco Rocco Falivena - A marzo la metà della popolazione era al caldo, negli stessi chalet che sono sorti ad Onna. Per dire: alcuni di questi ora, anno 2009, li abbiamo trasformati in albergo. A maggio dell'81 tutti gli sfollati, nessono escluso, riuscirono ad avere il salottino, la camera da letto riscaldata, il piccolo patio con giardino. In tutta franchezza quella di Onna mi sembra una zingarata".
Per capirci. Trent'anni fa ci furono quasi tremila morti, trecentomila senzatetto e un'Italia divisa in due. Alcuni villaggi furono raggiunti e assistiti dai militari ai primi di dicembre dell'80 (il sisma ci fu il 23 novembre), gli ultimi morti furono seppelliti dopo 21 giorni. Malgrado tutto, il sistema di prefabbricazione pesante fu realizzato in trecento comuni e in tempi che, l'avesse saputo, Bertolaso avrebbe definito incredibili, stratosferici, supercosmici.
Stessi Chalet? Prefabbricazione pesante?
Ma si sa di cosa si sta parlando? Lo ribadisco, per fare il giornalista non sono obbligatorie lauree in architettura o ingegneria, ma, TANTO per CAPIRCI, un po' di informazione e STORIA si, quelle servirebbero di certo.
Sarebbe bastato, copiando da wikipedia, cercare di superarsi un po' nella fatica, e arrivare a fondo articolo, per apprendere dell'esistenza di un giornalista vero, che di ricostruzione d'Irpinia ha scritto sul serio. Ecco una pagina di Daniele Martini nel 1992, dodici anni dopo il terremoto di cui il farlocco ha appena letto il bigino su wikipedia.
Mani sul terremoto
di DANIELE MARTINI
Dodici anni non sono bastati. I prefabbricati dell'emergenza sono ancora lì: camera da letto e cucina, antenna della tv e il caldo che picchia in testa o l'umido che entra nelle ossa secondo le stagioni. Per vederli basta salire su per la statale numero 7 che corre da Avellino verso l'Alta Irpinia. Tra lecci e castagni è un susseguirsi di crocchi di vecchie casupole e di finti paesi di container. La vita dentro quelle quattro lamiere ha reso la gente fatalista e diffidente. Nessuno è mai riuscito a spiegare loro perché, malgrado un gigantesco flusso di denaro pubblico, alcune migliaia di famiglie rimangano intrappolate in quelle baraccopoli. Il terremoto dell'Irpinia sembra non finire mai. Sullo sfondo delle montagne i terremotati veri, quelli che hanno perso casa, amici e parenti, ormai vedono nero. O meglio, vedono profilarsi sempre più nitido lo spettro del Belice, il paese siciliano dove, dopo venti e più anni dal terremoto, la gente è ancora senza un tetto e vive come può. Alle prese con i mille piccoli e grandi drammi della sopravvivenza quotidiana ci sono famiglie irpine che hanno già figli di dodici anni che non hanno mai vissuto in una casa come si deve, nati e cresciuti tra l’alluminio dei container bi-vano.
[Segue qui... ma potrebbe qualcuno fare dono del link anche a La Repubblica?]
Ma Berlsconi sa che é quello che pensano gli itaiani di certi giornalisti e di certi politici.
Ciao mary