Non ho amicizie importanti in procura, e neanche in politica, e neanche all'ombra del campanile.
Men che meno tra le compagini sindacali.
Gli unici Enti "importanti" e "istituzionali" che mi scrivono spesso, con tono fermo, ma devo riconoscere gentile, sono il mio Ordine Professionale e la Cassa degli Architetti, in genere per ricordarmi di non glissare sui pagamenti.
Però, leggendo di "lucro cessante" del Signor De Benedetti, in primo luogo sulle pagine del Signor Travaglio, e dei mancati favolosi introiti che ci sarebbero stati se il Gruppo Mondadori fosse restato in Sue Mani (Sovvenzioni di Stato, come al solito, suppongo), ho avuto una piccola idea.
Mi sono ricordato anche io di un "lucro cessante" del quale però non saprei a chi chiedere indennizzo, né tanto meno l'autorità che me lo dovrebbe computare nella sua consistenza.
I fatti risalgono al periodo 1970-1976, e non riguardano me solo, ma qualche migliaio di studenti che all'epoca si iscrissero al Politecnico di Milano, dalla parte posta anche fisicamente più a sinistra del prestigioso Ateneo, ovvero alla famosa (si fa per dire) Facoltà di Architettura di Milano.
In sei anni di tasse pagate (quattro più due, per miei motivi di perdigiono e servizio militare) pagai le tasse universitarie fino all'ultimo centesimo.
Avevo anche ricevuto una lista di Insegnamenti (nel senso di Corsi), all'interno della quale, a più riprese, (per pararsi il sedere dai richiami governativi che richiedevano scappatoie sulle materie precedentemente ritenute obbligatorie), la direzione di Facoltà mi chiese di riformulare il mio piano di studi.
Ovvero di adeguarmi a quegli insegnamenti che via via mi passava il Convento di Via Bonardi, in sostituzione dei classici Programmi Universitari.
Mi spiego.
In quei felici anni della Rivoluzione Studentesca, generosamente e recentemente vantata anche dal Signor Beniamino Placido, che è molto colto, era importante soprassedere sulle Materie di Studio Tradizionali, quali Composizione Architettonica, Analisi Matematica, o Scienza delle Costruzioni.
In luogo di questi insegnamenti, che però continuavano a sopravvivere, sul Libretto Universitario, nelle sole denominazioni, veniva trattato un po' di tutto.
E' difficile figurarselo se non ci si è stati in mezzo, per questo farò qualche esempio.
Composizione Architettonica? Indagini statistiche sui quartieri operai della realtà Milanese.
Matematica? Teoria di statistica e dell'uso delle medie nella stessa.
Scienza delle Costruzioni? Analisi dei percorsi di Origine e Destinazione dei flussi della classe operaia per recarsi dai quartieri dormitorio fino alla Breda e viceversa (c'è da dire infatti che a volte i Compagni Architetti della relativa Cattedra non riuscivano, o non si curavano affatto, di far trasparire un minimo di riscontrabile relazione con il loro Insegnamento.
Sorvolo per non tediarvi sulle tecniche di voto e di esame, sulla censura, fisicamente poco raccomandabile a sfidarsi, sull'introdurre in Ateneo quotidiani sgraditi, sull'obolo-pizzo per Soccorso Rosso, da versare entrando, sull'alternarsi delle stagioni con lavoro politico in aula piuttosto che il tafferugliare in centro, sui picchetti, sui pestaggi, sui katanga, sulle punizioni da infliggere ai dissidenti che osavano manifestare un pensiero un tantinello diverso, sul comparire all'esame pregni di sacro fuoco rivoluzionario, pena essere inviati diffilato in Biblioteca (ebbene si, a volte il voto politico era negato).
Sorvolo. Sorvolo ma ricordo.
E se avessi potuto invece studiare come si fa a fare l'Architetto sul serio?
Se invece di correre ogni minuto libero a farmi sfruttare, pur di imparare qualcosa della professione, per qualche moneta da cento lire, negli studi professionali degli Architetti Cattedratici stipendiati o pagati dal CNR per seminare il loro credo politico, se avessi potuto studiare?
Sarei forse diventato un Architetto Vero, e magari avrei potuto guadagnare (onestamente) più di tutto quello che il Signor Benedetti si è portato a casa fin'ora.
Come la mettiamo?
Mi toccherà andare in pensione con questo dubbio.
Come si dice, stanco ma felice, di aver cercato di lavorare onestamente, compagna la mia ignoranza della disciplina. Ma con la gioia di aver fatto meno danni degli esimi colleghi che, con la medesima mia ignoranza, dal giorno della tesi restarono nell'ambiente gauche, buttandosi a capofitto nella Pubblica Amministrazione.
Ma non vorrei disturbarli, che mentre io son qui a scrivere queste sciocchezze, loro son di nuovo presi dal sacro fuoco, e ci stanno spiegando perchè l'Italia stia rovinando coi suoi voltini di mattoni, a cui non frega purtroppo nulla dei flussi della classe operaia nell'Interland Milanese.
Men che meno tra le compagini sindacali.
Gli unici Enti "importanti" e "istituzionali" che mi scrivono spesso, con tono fermo, ma devo riconoscere gentile, sono il mio Ordine Professionale e la Cassa degli Architetti, in genere per ricordarmi di non glissare sui pagamenti.
Però, leggendo di "lucro cessante" del Signor De Benedetti, in primo luogo sulle pagine del Signor Travaglio, e dei mancati favolosi introiti che ci sarebbero stati se il Gruppo Mondadori fosse restato in Sue Mani (Sovvenzioni di Stato, come al solito, suppongo), ho avuto una piccola idea.
Mi sono ricordato anche io di un "lucro cessante" del quale però non saprei a chi chiedere indennizzo, né tanto meno l'autorità che me lo dovrebbe computare nella sua consistenza.
I fatti risalgono al periodo 1970-1976, e non riguardano me solo, ma qualche migliaio di studenti che all'epoca si iscrissero al Politecnico di Milano, dalla parte posta anche fisicamente più a sinistra del prestigioso Ateneo, ovvero alla famosa (si fa per dire) Facoltà di Architettura di Milano.
In sei anni di tasse pagate (quattro più due, per miei motivi di perdigiono e servizio militare) pagai le tasse universitarie fino all'ultimo centesimo.
Avevo anche ricevuto una lista di Insegnamenti (nel senso di Corsi), all'interno della quale, a più riprese, (per pararsi il sedere dai richiami governativi che richiedevano scappatoie sulle materie precedentemente ritenute obbligatorie), la direzione di Facoltà mi chiese di riformulare il mio piano di studi.
Ovvero di adeguarmi a quegli insegnamenti che via via mi passava il Convento di Via Bonardi, in sostituzione dei classici Programmi Universitari.
Mi spiego.
In quei felici anni della Rivoluzione Studentesca, generosamente e recentemente vantata anche dal Signor Beniamino Placido, che è molto colto, era importante soprassedere sulle Materie di Studio Tradizionali, quali Composizione Architettonica, Analisi Matematica, o Scienza delle Costruzioni.
In luogo di questi insegnamenti, che però continuavano a sopravvivere, sul Libretto Universitario, nelle sole denominazioni, veniva trattato un po' di tutto.
E' difficile figurarselo se non ci si è stati in mezzo, per questo farò qualche esempio.
Composizione Architettonica? Indagini statistiche sui quartieri operai della realtà Milanese.
Matematica? Teoria di statistica e dell'uso delle medie nella stessa.
Scienza delle Costruzioni? Analisi dei percorsi di Origine e Destinazione dei flussi della classe operaia per recarsi dai quartieri dormitorio fino alla Breda e viceversa (c'è da dire infatti che a volte i Compagni Architetti della relativa Cattedra non riuscivano, o non si curavano affatto, di far trasparire un minimo di riscontrabile relazione con il loro Insegnamento.
Sorvolo per non tediarvi sulle tecniche di voto e di esame, sulla censura, fisicamente poco raccomandabile a sfidarsi, sull'introdurre in Ateneo quotidiani sgraditi, sull'obolo-pizzo per Soccorso Rosso, da versare entrando, sull'alternarsi delle stagioni con lavoro politico in aula piuttosto che il tafferugliare in centro, sui picchetti, sui pestaggi, sui katanga, sulle punizioni da infliggere ai dissidenti che osavano manifestare un pensiero un tantinello diverso, sul comparire all'esame pregni di sacro fuoco rivoluzionario, pena essere inviati diffilato in Biblioteca (ebbene si, a volte il voto politico era negato).
Sorvolo. Sorvolo ma ricordo.
E se avessi potuto invece studiare come si fa a fare l'Architetto sul serio?
Se invece di correre ogni minuto libero a farmi sfruttare, pur di imparare qualcosa della professione, per qualche moneta da cento lire, negli studi professionali degli Architetti Cattedratici stipendiati o pagati dal CNR per seminare il loro credo politico, se avessi potuto studiare?
Sarei forse diventato un Architetto Vero, e magari avrei potuto guadagnare (onestamente) più di tutto quello che il Signor Benedetti si è portato a casa fin'ora.
Come la mettiamo?
Mi toccherà andare in pensione con questo dubbio.
Come si dice, stanco ma felice, di aver cercato di lavorare onestamente, compagna la mia ignoranza della disciplina. Ma con la gioia di aver fatto meno danni degli esimi colleghi che, con la medesima mia ignoranza, dal giorno della tesi restarono nell'ambiente gauche, buttandosi a capofitto nella Pubblica Amministrazione.
Ma non vorrei disturbarli, che mentre io son qui a scrivere queste sciocchezze, loro son di nuovo presi dal sacro fuoco, e ci stanno spiegando perchè l'Italia stia rovinando coi suoi voltini di mattoni, a cui non frega purtroppo nulla dei flussi della classe operaia nell'Interland Milanese.
Ho ancora volantini dell'epoca.
E non era deriva, era indottrinamento forzato, una cosa molto diversa.
E oggi non hai l'impressione che si tenda a farla diventare ancora più di cacca la pubblica istruzione ?
La deriva di cui parli c'era e c'è senz'altro nelle università ma a trarne vantaggio sono stati solo quelli che l'hanno usata come palestra per buttarsi in politica ?
Poi ti racconto una bella storia di università a distanza... non posso scriverla qua, rischierei davvero una denuncia... confidenze di un amico che ha fatto il tutor...