Francamente di Davigo, a differenza degli altri del pool di "mani pulite" conoscevo poco o nulla.
Ho trovato questa intervista rilasciata su La7.
Illuminante è questo passaggio:
Domanda:
"... il peso di coloro che si erano suicidati nel corso dell'inchiesta ... chi in carcere ... Le chiedo se umanamente, Davigo... che traccia hanno lasciato dentro di Lei ..."
Risposta:
"Guardi, le emozioni personali non rilevano, posso dirLe una cosa, non vorrei apparirLe spietato, ... non credo di esserlo, bisogna tener fermo un principio, le conseguenze dei delitti ricadono su coloro che li hanno commessi, non su coloro che li scoprono."
Occorre proprio che faccia questi rilievi?
Premessa:
a) si parla di morte di persone sotto inchiesta, non di condannati, quindi anche di potenziali innocenti.
b) si parla di suicidio di detenuti.
Nella risposta di Davigo:
1) Le conseguenze (e si parla di morte) non sono in alcun modo rapportate alla gravità di delitti peraltro non provati.
2) In nessun modo sono prese in considerazione omissioni o negligenze di vigilanza nella custodia in carcere.
3) Il pregiudizio di colpevolezza viene espresso alla lettera.
Credo che questi rilievi non facciano di me un marziano, mi sembrano banali, ed anche condivisibili alla stragrande (soprattutto a sinistra, quando si parla di suicidi in carcere), e quindi, che un magistrato si esprima così, e che questo paia normale, lo trovo veramente preoccupante.
E attenzione, sto scrivendo a proposito di un'intervista articolata, dove questo signore avrebbe potuto essere assai meno lapidario, non mi sto occupando di slogan del '68 scritti a bomboletta sul muro, quelli che quel furbo di Mieli ci vende per dei fraintesi, perché secondo lui interpretati troppo alla lettera.
Ma non è che di questo passo e con questi campioni in circolazione saremo presto sul serio costretti a chiedere soccorso ai Caschi Blù?
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